Nella notte di San Lorenzo muore Michela Murgia e forse per lei non c’era momento più adatto della notte delle stelle cadenti e dei desideri. Era malata di tumore al rene al quarto stadio e in questi mesi l’abbiamo seguita attraverso i social vivendo passo dopo passo la sua malattia e quella che lei definiva la sua ‘sopravvivenza emotiva’, tema anche del suo ultimo libroTre ciotole. Rituali per un anno di crisi, uscito per Mondadori in primavera.

Noi ci occupiamo di salute e quindi anche questo evento in qualche modo atteso diventa occasione per fare divulgazione e parlare in questo caso della malattia che ha colpito la scrittrice: il tumore al rene di cui, per fortuna, non sempre si muore. Anzi: gli ultimi dati Aiom ci dicono che in cinque anni, in Italia, le persone vive dopo la diagnosi di tumore del rene sono aumentate del 15%. Erano circa 125mila nel 2018, per diventare 144.400 nel 2022. Oltre il 50% dei pazienti diagnosticati in fase precoce guarisce. Nel 30% dei casi la malattia è individuata in fase avanzata o metastatica e in un altro 25-30% si ripresenta dopo l’intervento chirurgico eseguito con intento curativo.

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Un tempo le opzioni terapeutiche erano scarse, anche perché in questa neoplasia la chemioterapia è da sempre poco efficace e il suo utilizzo è scarso. Oggi vi sono numerosi strumenti efficaci da inserire in una strategia di cura che vede chirurgia, terapie mirate e immunoterapia, migliorando in maniera significativa la capacità di controllo della neoplasia metastatica. L’obiettivo è rendere cronico il carcinoma renale avanzato, garantendo una buona qualità di vita. I pazienti con diagnosi di malattia in stadio avanzato possono vivere a lungo, infatti quasi il 50% oggi è vivo a 5 anni e, in alcuni casi, si comincia a parlare di guarigione.

“L’importante incremento della sopravvivenza e del numero di pazienti vivi dopo la diagnosi è dovuto all’introduzione delle terapie mirate innovative e dell’immunoncologia che, in quasi vent’anni, hanno permesso di contrastare con successo anche i casi di malattia in fase avanzata – afferma Saverio Cinieri, presidente Aiom. L’innovazione terapeutica ha rivoluzionato la pratica clinica e restituito speranza a milioni di persone in tutto il mondo. Con questa campagna vogliamo migliorare il livello di consapevolezza dei pazienti e dei cittadini sui progressi della ricerca. Senza dimenticare il ruolo degli stili di vita. È dimostrato che l’attività fisica praticata con costanza è in grado di ridurre fino al 22% il rischio di sviluppare la malattia. Non solo. Anche nei pazienti che hanno già ricevuto la diagnosi, il movimento può migliorare del 15% i risultati dei trattamenti, riducendo fatigue, ansia e depressione, con un impatto positivo sulla qualità di vita. Ma, in Italia, ben il 31,5% dei cittadini è sedentario. Serve più impegno per far comprendere a tutti i grandi benefici dell’attività fisica”.

In Italia, nel 2022, sono stati stimati 12.600 nuovi casi di tumore del rene. I sintomi non sono specifici e possono essere sottovalutati o confusi con altre condizioni come la calcolosi renale. “Quando presenti, i segnali più frequenti sono rappresentati dalla presenza di sangue nelle urine, da dolore sordo al fianco o da una massa palpabile nella cavità addominale – spiega Giuseppe Procopio, Direttore dell’Oncologia Medica Genitourinaria e del Programma Prostata dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano -. Oltre la metà delle diagnosi avviene casualmente, come diretta conseguenza dell’impiego, sempre più diffuso, della diagnostica per immagini in pazienti non sospetti in senso oncologico. In Italia il 71% delle persone colpite dalla malattia è vivo a 5 anni dalla diagnosi. Questi risultati sono possibili grazie ad un’integrazione di cure farmacologiche, sistemiche o loco regionali”. “Un tempo, i trattamenti nella malattia metastatica erano molto scarsi, oggi abbiamo a disposizione numerosi farmaci attivi che includono terapie mirate e immunoncologiche – evidenzia il Prof. Procopio.

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Si tratta di un enorme passo avanti, che ha permesso, in un decennio, di quintuplicare la sopravvivenza a 5 anni nello stadio metastatico, passando da circa il 10% a quasi il 50%. Una quota di questi pazienti resta in remissione completa, cioè in assenza di malattia rilevabile, e può essere considerata libera da malattia. Inoltre, siamo in grado di controllare il carcinoma renale per evitare che vada in progressione dopo il primo trattamento. Un tempo si riusciva a ottenere questo risultato nel 70% dei casi, oggi siamo intorno all’85-90%. È uno scenario in evoluzione.

La paura di non farcela

Ma torniamo al ‘caso Murgia. «Il cancro non è una cosa che ho; è una cosa che sono. Non posso e non voglio fare guerra al mio corpo, a me stessa». Così, Michela Murgia aveva rivelato a inizio maggio il suo carcinoma renale al 4°stadio. Una dichiarazione forte e vera che, però, ha avuto un impatto anche sugli altri pazienti. A far sollevare più di qualche sopracciglio è la frase della scrittrice in cui dichiara la sua resa al tumore: “Ormai è tardi ed è incurabile. Ho scelto di non attaccarlo”.

È una scelta anche questa. Non per forza bisogna ‘armarsi’ e intestardirsi a ‘combattere’ (tanto per restare nella semantica bellica) soprattutto quando si sa già che ci sono poche speranze di vittoria.

E’ una decisione comprensibile: quella di chi sceglie di perdere a tavolino ed utilizzare il poco tempo che resta facendo DAVVERO quello che si vuole o almeno alcune delle cose finora rimandate come lo studio del coreano (è pazza per la musica pop dei BTS), viaggiare sull’Orient Express, sposarsi e acquistare una casa con 10 posti letto in cui stare insieme alla sua ‘queer family’.

Ma partecipando mesi fa ad un convegno dell’Associazione ‘Vivere senza stomaco si può’  i pazienti mi fecero riflettere perché sentire che un personaggio come la Murgia si stava arrendendo al tumore, li gettava nello sconforto e gli rubava quella speranza che a volte è anche illusione ma che serve perché è scientificamente dimostrato che sperare aiuta a reagire e anche ad accettare meglio le terapie.

Insomma, le parole della scrittrice li hanno rattristati. Giusto, sbagliato? Ognuno reagisce a modo proprio e se la malattia non ce la scegliamo ma ci cade addosso senza preavviso, almeno lasciamoci la libertà di gestirla come meglio crediamo.