Diventa sempre più rilevante il ruolo dei dati della pratica clinica corrente (real world) raccolti ogni giorno nelle corsie e negli ambulatori, ma fino ad oggi relegati a complemento degli studi clinici controllati randomizzati (RCTs). Real World Data e Real World Evidence potrebbero in un futuro prossimo diventare co-protagonisti nel processo regolatorio del farmaco e importante strumento di governance sanitaria.

Guarda il video sul nostro canale YouTube

In Italia i dati real world per diverse ragioni sono ancora poco utilizzati e poco sfruttati, ma medici, aziende farmaceutiche, enti regolatori ed autorità sanitarie si stanno sempre più interessando ad essi, tanto che Farmindustria, in un recente documento, suggerisce e sollecita la costituzione di un tavolo di lavoro, che veda la partecipazione di AIFA, Ministero della Salute, Società Scientifiche, Associazioni pazienti, Comitati etici e AGENAS, allo scopo di definire i requisiti di qualità richiesti dall’Autorità regolatoria per una adeguata valutazione delle evidenze raccolte dal real world e condividere proposte di linee guida operative rivolte a generazione, valutazione e utilizzo dei dati di Real World Evidence (RWE).
Gli studi clinici sperimentali controllati randomizzati (RCTs) che valutano efficacia e sicurezza dei farmaci sono realizzati su popolazioni di pazienti selezionate e in setting protetti. È però indispensabile continuare a studiare il profilo rischio/beneficio di un farmaco anche dopo che questo è stato immesso in commercio, nella vita reale.
I Real World Data (RWD) sono relativi allo stato di salute dei pazienti oppure ai servizi erogati e sono di solito raccolti nelle cartelle cliniche elettroniche, nei database delle strutture sanitarie e nei registri di patologia. I dati di Real World Evidence (RWE) sono costituiti invece dalle evidenze cliniche, basate sui RWD, sull’uso, sui benefici e sui rischi di un determinato farmaco prescritto nella vita reale.
La Real World Evidence può rappresentare l’evoluzione della medicina personalizzata e potrebbe rendere più efficiente la spesa farmaceutica, oltre a diventare uno strumento innovativo di governance sanitaria se usato in modo standard, rigoroso e coerente.
«I dati di real world possono essere usati per completare le evidenze scientifiche che si ottengono con gli studi controllati randomizzati – dice Alessandra Gennari, Professore Ordinario di Oncologia Università Piemonte Orientale e Direttore Struttura Universitaria di Oncologia Medica Ospedale Maggiore di Novara – nei real world data le caratteristiche dei pazienti possono essere lievemente diverse rispetto a quelle dei pazienti coinvolti negli studi clinici randomizzati e questo può essere motivo di una lieve differente efficacia dei farmaci nella pratica clinica. I dati real world rispecchiano di più la pratica clinica ma non sono sufficienti a far approvare un farmaco, perché è sempre necessario uno studio con un braccio di controllo con la terapia standard».

La RWE, sia nelle fasi di sviluppo del farmaco sia nelle fasi di post marketing, contribuisce ad integrare i risultati ottenuti dagli studi controllati randomizzati e a generare evidenze scientifiche per migliorare le conoscenze sul farmaco in termini di efficacia, sicurezza, compliance; identificare particolari caratteristiche di specifiche popolazioni; definire il burden of disease, identificare lo standard of care e i bisogni clinici ancora insoddisfatti ma anche l’appropriatezza prescrittiva, sicurezza ed efficacia a lungo termine e impatto sulla qualità di vita dei pazienti.
Dunque, i dati real world confermano i risultati di “efficacy”, ottenuti dai trial clinici controllati randomizzati, attraverso i risultati di “effectiveness”, ossia l’efficacia del farmaco nella vita reale.
Un esempio paradigmatico del valore dei dati real world in Oncologia è lo studio P-REALITY-X, realizzato da Pfizer, che aiuta a comprendere l’efficacia della terapia combinata di prima linea palbociclib con un inibitore dell’aromatasi in un setting del mondo reale, fondamentale per migliorare la cura del carcinoma mammario metastatico.
«È sempre più importante integrare le evidenze degli studi clinici randomizzati con quelle real world, perché i pazienti arruolati negli studi prospettici randomizzati (RCT) sono selezionati sulla base di criteri estremamente selettivi e spesso non sono confrontabili con i pazienti che visitiamo nei nostri ambulatori – spiega Giuseppe Curigliano, Professore Ordinario di Oncologia Medica Università di Milano e Direttore Divisione Sviluppo Nuovi Farmaci per Terapie Innovative, Istituto Europeo di Oncologia di Milano – gli studi real world complementano gli studi prospettici randomizzati andando a valutare l’efficacia in un setting di vita reale. Gli studi prospettici randomizzati valutano l’efficacy e gli studi real world valutano l’effectiveness. Lo studio P-REALITY-X è uno studio real world che ha valutato l’effectiveness di palbociclib in un setting di popolazione nella vita reale, che ha dimostrato un vantaggio di sopravvivenza e di progression free survival (PFS) nella coorte di pazienti che hanno ricevuto palbociclib con un inibitore dell’aromatasi con un prolungamento della sopravvivenza da 43 mesi a 57 mesi».
La disponibilità sempre maggiore di grandi database di dati clinici e amministrativi rappresenta una grande opportunità; tuttavia, le informazioni derivanti dalla ricerca real world vanno accuratamente interpretate e contestualizzate con la ricerca sperimentale e verificandone la metodologia. Gli studi di RWE sono considerati oggi complementari, e non sostitutivi, degli studi clinici randomizzati, confermando in un setting di pazienti non selezionati l’efficacia di un nuovo trattamento; inoltre, sono dati preziosi per approfondire soprattutto il profilo di safety di un farmaco; permettono, quindi, di colmare importanti lacune nel panorama scientifico, ma perché i risultati siano affidabili, la RWE deve essere condotta con rigore scientifico e con un accurato controllo della qualità dei dati raccolti.
«I pazienti arruolati negli RCT sono popolazioni selezionate e idonee a partecipare ai trial. Invece, i dati real world rappresentano realmente la popolazione di persone che l’oncologo vede in ambulatorio e sono dati che lo confortano perché rispecchiano più fedelmente la realtà della pratica clinica – sottolinea Angela Toss, Ricercatrice presso Unità di Genetica Oncologica, Università di Modena – osservando quello che accade nella pratica clinica posso rendermi conto di qual è il reale profilo di tollerabilità di un farmaco e osservare anche la comparsa e la gestione di eventi avversi che sono più rari nei trial clinici randomizzati. L’oncologo spiega che la scelta di un determinato farmaco è avvenuta sulla base di studi che suggeriscono che quel farmaco è la scelta migliore per quel tipo di tumore e di paziente. Credo che sia utile e necessario dire ai nostri pazienti che la scelta si basa su dati solidi legati a studi clinici ma anche che, per alcuni farmaci, la scelta si basa sul fatto che il farmaco è già da diversi anni utilizzato nella pratica clinica e che i dati raccolti su come questo farmaco si è comportato negli anni successivi alla sua approvazione confermano i risultati dei trial clinici».
Negli ultimi anni la Real World Evidence è sempre più utilizzata dai diversi stakeholders: dalle aziende farmaceutiche per la ricerca & sviluppo, dalla comunità medica per l’analisi della pratica clinica, dalle agenzie regolatorie per monitorare la sicurezza post-marketing. La RWE è, quindi, un’opportunità per valorizzare il farmaco durante tutto il suo ciclo di vita, anche perché i farmaci necessitano di un piano di generazione delle evidenze sempre più articolato rispetto al passato.
«La nostra visione è quella di integrare le RWE su tutto il ciclo di vita dei nostri farmaci, con l’obiettivo generale di accelerare in modo mirato il loro sviluppo e, in ultima analisi, aiutarci a garantire che il farmaco giusto arrivi al paziente giusto al momento giusto – conclude Barbara Capaccetti, Country Medical Director e Vice President Pfizer Italia – La real world evidence può migliorare l’organizzazione, l’accesso e l’utilizzo dei dati di ricerca, consentendo di accelerare il processo di generazione delle evidenze per ciò che ancora non conosciamo ed integrare dati non completi o mancanti negli studi clinici. A questo punto, sono diversi gli obiettivi da raggiungere: produrre evidenze sempre più solide e affidabili riguardo specifiche sottopopolazioni; fornire ai decisori strumenti operativi di monitoraggio; generare, nei ricercatori, nuovi importanti quesiti di ricerca per ulteriore attività scientifica».