1. Alimentazione

Un’alimentazione non corretta, attraverso le ben note conseguenze dei principali fattori di rischio (diabete, iperlipemia, ipertensione arteriosa, obesità) risulta essere il fattore di rischio più importante associato alle malattie cardiovascolari. Applicare i modelli della nostra tradizionale dieta mediterranea (fortemente consigliata anche dalle Linee Guida ESC – European Society of Cardiology 2021) contribuisce al controllo dei valori glicemici, del colesterolo e a ridurre lo stato infiammatorio generale. Riduce la mortalità e morbilità per tutte le cause, favorisce la longevità in buona salute, producendo anche una riduzione della spesa sanitaria. Alcune analisi economiche hanno calcolato che se il costo per anno di vita con una terapia farmacologica può oscillare tra i 2.000 e i 5.500 euro, e per un bypass coronarico circa 25.000 euro, con la dieta mediterranea si attesta intorno ai 900 euro.

Ma la sana alimentazione rappresenta anche un modello importante di dieta sostenibile, in quanto è in grado di apportare benefici non solo alla salute, ma anche all’ambiente. Per ottenere 100 calorie la dieta mediterranea determina un impatto ambientale di circa il 60% inferiore rispetto a un’alimentazione di tipo nordeuropeo o nordamericano, tipicamente basata su grassi animali.

Non dimentichiamo, poi, che la dieta mediterranea nel 2010 è stata riconosciuta come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, perché non è considerata solo una condotta alimentare, ma uno stile di vita sano ed equilibrato, orientato alla salute ed al benessere psicofisico, che include più genericamente: alimentazione, attività fisica, socialità e convivialità.

Un altro elemento importante relativo all’alimentazione, secondo gli esperti SIPREC, è il controllo del consumo di sale nell’alimentazione, soprattutto in relazione alla pressione arteriosa. Come consigliato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ridurre il consumo di sale di 5 grammi al giorno, porterebbe a una riduzione complessiva del 23% circa degli ictus e del 17% delle malattie cardiovascolari.

  1. Attività Fisica

L’impatto dei fattori di rischio cardiovascolari può essere ridotto grazie alla pratica di una regolare attività fisica e all’adozione di uno stile di vita attivo. È, infatti, dimostrato il ruolo dell’attività fisica come vero e proprio farmaco, sia per la prevenzione primaria, che secondaria. Secondo un censimento OCSE- Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, l’Italia si posiziona come il 4° Paese OCSE più sedentario tra gli adulti (44,8%) e il 1° tra i bambini (94,5%).

Il costo sanitario della sedentarietà in Italia è stato stimato essere pari a 3,8 miliardi di euro nel 2019, con un’incidenza sul totale della spesa sanitaria pubblica e privata del Paese pari all’1,7% del PIL. Se l’Italia si allineasse alla media dei Paesi OCSE, in termini di popolazione sedentaria, potrebbero essere evitatati costi sanitari per 900 milioni di euro ogni anno.

  1. Tabagismo

Il 2022 è stato un anno drammatico per il tabagismo in Italia, con un netto incremento della prevalenza di fumatori per entrambi i generi e per tutte le fasce di età.  Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, circa un quarto della popolazione italiana adulta fuma, con una media di 11 sigarette al giorno. Dato che si avvicina pericolosamente alla situazione precedente la Legge 3 del 2003.

Smettere di fumare rappresenta un cambiamento dello stile di vita tanto fondamentale, quanto scarsamente preso in considerazione, se si pensa che nel nostro Paese esistono solo 223 Centri antifumo censiti dall’ISS.

Le società scientifiche e in particolare la SIPREC vedono e identificano nella disassuefazione al fumo e nelle campagne contro il fumo passivo un obiettivo di prevenzione prioritario per le malattie cardiovascolari e uno strumento efficace nella direzione di una maggior sostenibilità del SSN per la riduzione del “burden of disease” associato al fumo e una maggiore sostenibilità ambientale.

  1. Pressione Arteriosa

L’ipertensione arteriosa è un altro importante fattore di rischio per lo sviluppo della progressione delle malattie cardiovascolari, indipendentemente dall’età, dal genere, dall’etnia e dall’eventuale presenza di ulteriori fattori di rischio o patologie concomitanti.

 In Italia si stima che ci siano circa 15 milioni di pazienti affetti da ipertensione arteriosa e che ogni anno, i decessi correlati a questa patologia siano 240.000.

Una riduzione di soli 10 mmHg della pressione arteriosa sistolica può determinare un calo del 20% degli eventi coronarici ischemici, dell’ictus cerebrale e dello scompenso cardiaco.

Anche in considerazione del basso costo della terapia farmacologica antipertensiva, l’intervento farmacologico appropriato e precoce rappresenta uno strumento altamente “cost effective” in termini di prevenzione cardiovascolare, di riduzione degli eventi cardiovascolari e delle ospedalizzazioni.

  1. Dislipidemie

Stili di vita scorretti, limitata diffusione di strategie finalizzate all’identificazione di pazienti dislipidemici, inadeguata presa in carico degli stessi ed elevato tasso di non aderenza terapeutica contribuiscono da un lato al dilagare delle turbe del metabolismo dei lipidi, e dall’altro ad amplificare l’impatto sfavorevole sulla salute cardiovascolare.

Ecco, quindi, che si avverte l’esigenza di attuare interventi di promozione della salute cardiovascolare che mirino alla corretta identificazione e stratificazione del rischio e alla cura più appropriata dei pazienti portatori di alterazioni dei principali parametri lipidici implicati nella genesi del rischio cardiovascolare su base aterosclerotica, ovvero soprattutto l’aumento della colesterolemia LDL ma anche della trigliceridemia.

L’azione di danno aterosclerotico esercitato dall’eccesso di colesterolo LDL è indipendente da quello di altri fattori di rischio cardiovascolare eventualmente coesistenti. Anche la trigliceridemia elevata è in grado di rappresentare una significativa azione pro-aterogena.

Complessivamente gli interventi non farmacologici e farmacologici volti a ottenere una riduzione del colesterolo LDL hanno dimostrato una grande efficacia e un ruolo strategico nella prevenzione cardiovascolare, configurando un vero e proprio paradigma nell’approccio di gestione della malattia cardiovascolare. Globalmente i trials clinici con farmaci ipocolesterolizzanti hanno permesso di stimare una riduzione media del rischio di malattie aterosclerotiche di circa il 20%.

  1. Obesità

L’obesità rappresenta un’epidemia a livello globale, con più di 600 milioni di soggetti affetti in tutto il mondo. Fenomeno che sta aumentando rapidamente anche fra i bambini e adolescenti. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che nel 2025 saranno affetti da obesità (BMI≥ 30Kg/m2) il 18% degli uomini e il 25% delle donne, mentre il 40% dei soggetti presenterà una condizione di sovrappeso (BMI≥ 25Kg/m2).

Nel nostro Paese i dati del sistema di sorveglianza PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia) hanno rilevato che il 32% degli adulti tra i 18 e i 69 anni sono in sovrappeso e l’11% obesi. I bambini in sovrappeso sono il 20,4%, quelli obesi il 9,4%. La percentuale dei ragazzi in sovrappeso in tutte le fasce di età rappresenta il 12% circa.

In Italia il sovrappeso e l’obesità rappresentano il 9% della spesa sanitaria ed è stato stimato che siano responsabili di una riduzione del PIL del 2,8%.

Il Piano Nazionale di Prevenzione 2020-2025 ha sottolineato l’importanza di perseguire la prevenzione e il trattamento dell’obesità e del sovrappeso come fondamentali obiettivi di promozione della salute, prendendo in carico precocemente i soggetti che ne sono affetti, mettendo in atto interventi omogenei e capillari su tutto il territorio nazionale. L’applicazione di questi interventi potrebbe ridurre la spesa sanitaria e aumentare la produttività della forza lavoro prevenendo 144.000 malattie non trasmissibili entro il 2050.

 Solo nel 2021 l’obesità è stata riconosciuta come una patologia a sé stante, cronica, ricorrente. A lungo, infatti, questa condizione è stata considerata un fattore di rischio minore o un amplificatore di altre cause più note come l’ipertensione arteriosa, diabete, dislipidemia.

  1. Diabete

In Italia il 6,7% della popolazione generale è affetto da diabete, con un’età media di 67 anni.

Le malattie cardiovascolari permangono la prima causa di morte nei pazienti affetti da diabete e l’eccesso di rischio dipende dal controllo glicemico, dalla presenza di micro o macroalbuminuria, ecc. L’intervento sullo stile di vita, che comprende il raggiungimento del peso ideale e il regolare svolgimento di attività fisica oltre alla cessazione del fumo, rimane il trattamento basilare per tutti i livelli di iperglicemia.

Secondo i dati amministrativi dello Studio ARNO 2021, la spesa media/anno per il paziente diabetico risulta praticamente doppia rispetto al paziente non diabetico (2.511 vs 1.262 euro) e il 54% di questi costi è collegata ai ricoveri ospedalieri.

Le misure da intraprendere per ridurre il carico del diabete in termini di spesa sanitaria comprendono: prevenzione dell’incidenza della patologia e delle sue complicanze croniche, la riduzione della durata dei ricoveri ospedalieri mediante l’attivazione di servizi territoriali e miglioramento dell’organizzazione gestionale, maggior appropriatezza degli esami diagnostici, un migliore utilizzo dei farmaci ipoglicemizzanti e dei dispositivi per l’autocontrollo glicemico.

  1. La Prevenzione Farmacologica. Il Ruolo dell’aderenza terapeutica

Nonostante la disponibilità di strategie terapeutiche efficaci e ben tollerate per la prevenzione primaria e secondaria delle malattie cardiovascolari, la scarsa aderenza ai trattamenti è un problema rilevante.

I dati OSMED 2021 sull’uso dei farmaci in Italia dimostrano una copertura terapeutica soltanto del 50,3% dei pazienti trattati con farmaci antipertensivi e del 40,7% dei pazienti trattati con farmaci ipolipemizzanti.

Tra i fattori che impattano negativamente sull’aderenza terapeutica, riscontriamo la complessità degli schemi terapeutici e l’eventuale necessità di frazionamento delle dosi del farmaco. Una soluzione che sta migliorando questo aspetto è data dalle combinazioni precostituite della stessa classe o di classi farmacologiche diverse che consentano, da un lato di semplificare gli schemi terapeutici attraverso la riduzione del numero di compresse da assumere, dall’altro di massimizzare la resa preventiva, sfruttando le sinergie farmacologiche.

  1. Vaccinazioni

I vaccini hanno un ruolo fondamentale per la promozione della salute pubblica: grazie alle vaccinazioni di massa, è stato possibile ridurre l’impatto delle malattie infettive in termini di morbilità e mortalità.

Parlando di prevenzione è importante porre l’accento sull’impatto della vaccinazione contro l’influenza stagionale sulle malattie cardiovascolari. Sebbene la maggior parte delle persone non richieda cure mediche, l’influenza può portare anche a malattie gravi, ospedalizzazioni e decessi, soprattutto nella popolazione anziana, negli obesi e negli individui affetti da patologie croniche. Le infezioni respiratorie virali, che spesso accompagnano l’influenza stagionale, aumentano, infatti, il rischio di polmoniti e malattie sistemiche che possono, a loro volta, dare vita a eventi cardiovascolari.

In Europa i costi totali dell’influenza possono variare dai 6 ai 14 miliardi di euro all’anno.

La vaccinazione antinfluenzale rappresenta una misura di salute pubblica relativamente economica sicura e basata sulle evidenze e sembra essere un mezzo altamente conveniente di prevenzione cardiovascolare, in particolare per i soggetti ad alto rischio.

  1. Prevenzione cardiovascolare: il contributo degli interventi di prevenzione cardiovascolare alla sostenibilità del Sistema Sanitario in Italia, suddivisi per genere e per età

Strategie di prevenzione nelle donne

Le donne vivono più a lungo degli uomini, ma con maggiori comorbidità che condizionano la qualità della vita. Inoltre, ogni anno muoiono molte più donne per malattie cardiovascolari che per tumori.

La stratificazione del rischio cardiovascolare nel genere femminile non può ignorare l’esistenza di fattori di rischio genere-specifici.

Oltre a quelli cosiddetti “tradizionali” descritti fin qui, la donna è esposta a una quota aggiuntiva di rischio per il proprio sistema cardiovascolare, collegata a fattori “emergenti” che hanno dimostrato essere predominanti e avere un maggior impatto sul sesso femminile. Tra questi rientrano le malattie infiammatorie croniche/autoimmuni, probabilmente a causa del ruolo immunostimolante esercitato dagli estrogeni.

Lo stato di infiammazione sistemica che le accompagna sembrerebbe essere responsabile dei processi aterosclerotici più precoci e accelerati. Altri fattori di rischio sono legati allo stato ormonale della donna, definiti “ginecardiologici”. Una menopausa precoce, ad esempio, con la conseguente cessazione della produzione ovarica di estrogeni, è associata a un maggior rischio di eventi cardiovascolari e una maggiore mortalità.

Non va poi dimenticato il fatto che gran parte dei farmaci utilizzati per le malattie cardiovascolari sono stati studiati prevalentemente su soggetti di sesso maschile; questo potrebbe condizionare una differenza di trattamento ottimale offerto, in termini di dosaggio e selezione del principio attivo.

Interventi specifici per età. Età adulta.

 Si stima che nel 2050 gli over sessantacinquenni saranno il 35% della popolazione italiana e il costo per l’assistenza verso questa parte di cittadini potrebbe non essere più garantito, considerando che le malattie croniche non trasmissibili, tra cui le patologie cardiovascolari, assorbono la maggior parte della spesa sanitaria. Le notevoli restrizioni finanziarie, tecnologiche e strutturali attuate nei confronti del Sistema Sanitario Nazionale hanno avuto, infatti, un risvolto negativo sul funzionamento dei servizi a sostegno della popolazione.

Ma se è vero che le patologie croniche hanno un peso consistente sul nostro Sistema Sanitario, hanno anche il vantaggio di essere in gran parte prevenibili.

L’OCSE – Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, documenta, tuttavia, come solo il 3% della spesa sanitaria venga investito in programmi per la prevenzione cardiovascolare mirati e personalizzati.

Le campagne informative devono aiutare il cittadino ad avere una corretta conoscenza della propria salute per preservarla e migliorarla, promuovendo comportamenti adeguati atti a modificare potenziali abitudini scorrette.

Gli interventi di prevenzione possono muoversi anche attraverso iniziative di screening e consulenza nell’individuazione del rischio cardiovascolare dei singoli e nell’adozione di conseguenti interventi preventivi.

Interventi specifici per età. Età evolutiva.

“Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età” è l’Obiettivo per lo Sviluppo Sostenibile numero 3 delle Nazioni Unite, secondo cui è fondamentale proteggere il nostro pianeta per garantire la prosperità globale, promuovendo una vita sana e uno sviluppo socio-economico basato sull’utilizzo sostenibili delle risorse ambientali. Per questo motivo salute, benessere e sostenibilità risultano strettamente interconnessi. Ad oggi l’Istituto Superiore di Sanità è pertanto impegnato nel raggiungimento dell’obiettivo per il 2023 della riduzione di un terzo della mortalità prematura per cause ambientali, favorendo la prevenzione primaria in un’ottica di sostenibilità ambientale ed economia circolare.

Tra le strategie nazionali promosse dal Ministero della Salute è contemplato l’allattamento materno come misura di “salute pubblica”, in quanto costituisce una scelta sana e sostenibile. Esso favorisce una considerevole protezione della salute: nelle madri riduce il rischio di sviluppare tumore ovarico e mammario, nonché quello di diabete di tipo 2, nei bambini riduce il rischio di malattie infettive e se protratto fino a 12 mesi di vita è protettivo nei confronti di sovrappeso e obesità, riducendo, anche in questo caso, il rischio di sviluppare in età adulta diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari.

  1. Inquinamento Ambientale

Oltre ai fattori di rischio fin qui elencati, anche l’ambiente gioca un ruolo chiave nel determinare patologie cardiovascolari. Vi sono, infatti, chiare evidenze che l’inquinamento atmosferico contribuisca in maniera significativa alla patogenesi di queste malattie.

I meccanismi che sono alla base di questo stretto legame sono multifattoriali. Il motivo scatenante parte dallo stress ossidativo. L’eccesso di radicali liberi dell’ossigeno innesca una reazione a cascata che porta all’ossidazione dei lipidi, proteine e DNA e all’attivazione di uno stato infiammatorio con conseguente compromissione della funzionalità cardiaca e vascolare.

Alla luce di ciò, tra le strategie di prevenzione cardiovascolare diventa necessaria un’azione incisiva per migliorare l’ambiente nel suo complesso. Obiettivo che può essere raggiunto solo attraverso un’azione legislativa a carattere nazionale.