Vivere con una diagnosi di malattia rara rappresenta un vero e proprio percorso ad ostacoli. Ma, quando si è donna, le difficoltà aumentano esponenzialmente, sia quando si è malate sia da caregiver. Secondo una prima indagine realizzata da EngageMinds Hub dell’Università Cattolica di Milano, guidato dalla Prof.ssa Guendalina Graffigna, percezione della propria immagine, gestione della malattia, accesso alle cure, fertilità, appartenenza a minoranze culturali e conciliazione del ruolo di lavoratrice con quello di caregiver rappresentano le aree di maggiore difficoltà nella gestione delle patologie rare. Finora nella letteratura scientifica questi aspetti sono stati poco approfonditi. Per affrontare queste sfide, far luce a 360 gradi sull’impatto (sociale, clinico, economico, psicologico) di queste malattie nella popolazione femminile e ridurre le disuguaglianze di genere nasce “Women in rare”, il progetto di Alexion dedicato alla centralità della donna nell’universo delle malattie rare. Un percorso mirato a esplorare l’impatto di questa specifica condizione sulle diverse sfere della vita delle donne, che si articolerà attraverso l’organizzazione di eventi istituzionali di sensibilizzazione, una campagna social per aumentare la consapevolezza sulle malattie rare e la stesura di un “libro bianco”, in collaborazione con EngageMinds Hub, UNIAMO, Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, ALTEMS e il comitato scientifico del progetto “Women in Rare”, in cui verranno evidenziati i principali bisogni insoddisfatti sia dalla prospettiva del paziente sia del caregiver. Il progetto è stato presentato oggi in una conferenza stampa a Milano.

Secondo le stime di uno studio condotto da Eurordis e Orphanet nel 2021, basato su incidenza e prevalenza di ciascuna patologia, in Italia le persone con malattia rara sono una popolazione fra i 2,2 e i 3,5 milioni di individui. Il 70% delle patologie è ad insorgenza pediatrica; due su cinque ad oggi sono bambini/ragazzi di meno di 18 anni. “La presenza di una malattia rara ha un forte impatto sia sulla vita di chi ne è affetto sia su quella dei caregiver. Diversi studi sottolineano però che è maggiore nelle donne, che spesso devono affrontare sfide uniche e specifiche legate alla loro condizione di salute”, spiega Guendalina Graffigna, Professore Ordinario di Psicologia dei Consumi e della Salute all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e Direttore del Centro di Ricerca EngageMinds HUB – Consumer, Food & Health Engagement Research Center.

Partendo da questa considerazione e dall’ascolto del vissuto delle donne con malattia rara, Alexion ha dato vita al progetto “Women in Rare”. Il primo passo è stato quello di realizzare l’indagine “Progetto Donna” per identificare, letteratura scientifica alla mano, le principali sfide che le donne con patologia rara devono affrontare. Lo studio, coordinato dalla Prof.ssa Graffigna, ha individuato nella percezione della propria immagine, gestione della malattia, fertilità, appartenenza a minoranze culturali e conciliazione del ruolo di lavoratrice con quello di caregiver quelle aree che costituiscono una minaccia importante ma sottovalutata per la salute e la qualità della vita della donna.

“Per le donne che soffrono di patologie rare, ad esempio, l’immagine corporea può diventare una fonte di preoccupazione e di depressione a causa degli effetti fisici che le loro condizioni possono determinare. Non solo, la scarsa sensibilizzazione sulle malattie rare e la mancanza di conoscenza possono portare le donne a sperimentare lo stigma sociale e a sentirsi giudicate e discriminate. Le patologie rare presentano inoltre un impatto significativo sulla gestione della vita quotidiana delle donne che ne sono affette. Il non sapere quando e quali sintomi si presenteranno non permette di organizzare la giornata, fare progetti e, più in generale, gestire gli impegni quotidiani e familiari. Riferiscono infatti di sentirsi sempre stanche, di non riuscire a fare la spesa, occuparsi della casa. Un ulteriore aspetto riguarda la fertilità: diverse analisi sottolineano difficoltà nell’elaborazione dei sentimenti legati all’infertilità associate a molte malattie rare. Questo può contribuire a vissuti di ansia, depressione e isolamento. Infine, un altro aspetto emerso dalla ricerca riguarda l’appartenenza ad una minoranza culturale. Questa caratteristica costituisce un’ulteriore complessità di cui tenere conto perché, oltre alle iniquità legate al genere, la gestione della patologia rara può essere compromessa da vulnerabilità legate a stereotipi culturali, barriere linguistiche e differenti concezioni della salute”, afferma la Prof.ssa Graffigna.

Difficoltà che non riguardano solo il caso in cui il paziente è la donna, ma anche quando è lei ad occuparsi della gestione di un famigliare malato. Ciò accade in oltre il 70% dei casi. Sono infatti le donne a farsi carico di tutto. Il ruolo di caregiver per i figli con patologie rare può essere estremamente impegnativo e stressante, soprattutto per le madri che assumono il ruolo principale di cura. Le madri spesso hanno un carico maggiore rispetto ai padri e si assumono maggiori responsabilità nella cura dei propri figli. Questo può portarle a sentirsi sole e sopraffatte da queste sfide.

Proprio quest’ultimo punto – quello della centralità della donna come caregiver – rappresenta un’importante sfida a livello istituzionale. “I percorsi di diagnosi, cura e sostegno per i malati e per i loro familiari dipendono in gran parte dalla Regione in cui si risiede. Ecco perché occorre più che mai un maggior raccordo sul territorio per cambiare la vita quotidiana delle persone con malattia rara attraverso una miglior assistenza socio-sanitaria e domiciliare. Cambiamento che per il ruolo della donna, sia come caregiver sia come lavoratrice, deve passare da interventi strutturali che garantiscano il diritto di scelta. Ciò significa facilitazioni per part time e smart working accompagnate da assistenza domiciliare che possa consentire anche una scelta lavorativa. Iniziative come ‘Women in Rare’, con il contributo delle associazioni che si occupano di malattie rare, vanno proprio in questa direzione”, commenta Annalisa Scopinaro, Presidente di UNIAMO (Federazione Italiana Malattie Rare).

In questo contesto le associazioni pazienti rappresentano il motore per generare il cambiamento necessario. “Da anni, come Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere siamo impegnati nella promozione di un approccio alla salute orientato al genere con particolare attenzione a quello femminile. Nel contesto delle malattie rare, oggi è più che mai necessario promuovere sia la ricerca sia interventi gender-sensitive per garantire una maggiore equità nella comprensione e nel trattamento di queste condizioni. Per farlo le associazioni pazienti rivestono un ruolo cruciale nella comprensione delle esigenze dei malati e dei caregiver. Per questa ragione vanno sostenute e ascoltate. Solo insieme saremo in grado di aumentare la consapevolezza sulla centralità del ruolo della donna e sulla lotta alle discriminazioni che ancora oggi viviamo”, spiega Nicoletta Orthmann, coordinatrice medico-scientifica di Fondazione Onda.

Il prossimo passo del progetto “Women in Rare”, partendo dai risultati della prima indagine dell’EngageMinds Hub dell’Università Cattolica di Milano, sarà quello di approfondire l’impatto delle malattie rare sull’universo femminile, identificare i principali bisogni insoddisfatti sia dalla prospettiva del paziente sia del caregiver, sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema e identificare azioni chiave per affrontare queste sfide insieme alle associazioni pazienti, ai clinici e ai vari interlocutori dell’ecosistema delle malattie rare. Un percorso che prevederà la realizzazione di eventi istituzionali, campagne social e la stesura di un “libro bianco” in collaborazione con EngageMinds Hub, UNIAMO, Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, ALTEMS e il comitato scientifico del progetto “Women in Rare”, promosso da Alexion.

“Da 30 anni Alexion è impegnata nella ricerca di terapie innovative per la cura delle malattie rare. L’esperienza maturata accanto ai pazienti e ai loro famigliari ci ha fatto comprendere che la cura non è solo una questione di farmaco. Prendersi carico di tutti gli aspetti della malattia è la vera cura. Per questo abbiamo deciso di dare vita al progetto ‘Women in Rare’”, conclude Anna Chiara Rossi, VP& General Manager Italy presso Alexion, AstraZeneca Rare Disease.