Fattori vascolari, stress ossidativo, metabolismo dei mitocondri e rilascio di sostanze tossiche per le cellule: sono alcune delle ‘tessere’ che – insieme all’aumento della pressione oculare – compongono il ‘puzzle’ del glaucoma ormai non più considerato una patologia soltanto oculare, ma piuttosto neurodegenerativa al pari di Alzheimer, Parkinson e Sclerosi laterale amiotrofica (Sla). L’ulteriore conferma dello stretto legame tra cervello e occhi arriva da uno studio condotto da ricercatori americani e spagnoli e pubblicato sulla rivista scientifica Progress in Neurobiology. E un altro studio condotto presso il Dipartimento di Oftalmologia del Doheny Eye Institute di Pasadena, in California, e pubblicato sulla rivista scientifica Eye Brain, ha dimostrato che i cambiamenti strutturali e funzionali, come l’assottigliamento dello strato retinico interno e la riduzione dei livelli di colina nella corteccia visiva causati dalla degenerazione glaucomatosa, sono già presenti nel cervello prima che compaiano i difetti del campo visivo.
Il glaucoma colpisce circa 1 milione e 200mila persone in Italia e rappresenta la seconda causa di disabilità visiva e di cecità nel nostro Paese. Secondo recenti stime, inoltre, il 50% dei pazienti non sa di averlo e il 20% corre il rischio di perdere la vista.
In occasione della Settimana mondiale del glaucoma che quest’anno si celebra dal 6 al 12 marzo, l’attenzione di medici e pazienti è tutta rivolta a capire come contrastare la neurodegenerazione che mette a rischio cervello e occhi.
“Mentre un tempo veniva considerata una patologia soltanto di pertinenza oculare in cui l’unico responsabile era l’aumento della pressione dell’occhio, oggi il glaucoma viene inserito all’interno della famiglia delle patologie neurodegenerative insieme a Parkinson, Alzheimer e Sclerosi laterale amiotrofica”, dichiara Matteo Sacchi, responsabile del Centro Glaucoma dell’Ospedale San Giuseppe, Università degli Studi di Milano.
Ma cos’ha in comune il glaucoma con queste patologie? “Il fatto che riguarda il tessuto nervoso. Infatti, nei pazienti con glaucoma non è soltanto l’occhio a venire alterato, ma anche l’encefalo, cioè la struttura del sistema nervoso centrale. Così come accade per le altre malattie neurodegenerative, anche nel glaucoma le cellule degenerano attraverso il meccanismo dell’apoptosi e il rilascio di sostanze tossiche come glutammato, amiloide e ioni calcio. Inoltre, questa malattia oculare ha delle caratteristiche di progressione e di cronicità tipiche delle altre patologie neurodegenerative”.
Questo significa che oggi la pressione oculare non è più considerata l’unico colpevole dell’insorgenza del glaucoma che diventa, perciò, una patologia multifattoriale determinata da fattori indipendenti dalla pressione dell’occhio e che compongono il puzzle della sua patogenesi. Se i fattori causali sono tanti e diversi, anche l’approccio terapeutico segue lo stesso andamento: “Dal momento che la comunità scientifica ha capito che si tratta di una patologia neurodegenerativa dovuta ad una multifattorialità di eventi patogeni – prosegue l’oculista – è diventato evidente che abbassare soltanto la pressione dell’occhio non può più essere considerato un trattamento sufficiente ed efficace per tutti i pazienti e quindi anche quella terapeutica deve essere una strategia multifattoriale”.
In effetti, diversi studi clinici hanno dimostrato che circa nel 30% dei pazienti il glaucoma continua a progredire nonostante la riduzione della pressione oculare. Ecco perché attualmente l’approccio terapeutico è anche di tipo neuroprotettivo. A differenza di quanto avviene per la maggior parte delle patologie neurodegenerative per le quali ancora non esistono terapie risolutive, per il trattamento del glaucoma oggi l’oculista ha l’opportunità di agire su più fronti abbinando alla terapia ipotonizzante, che resta lo standard di cura, quella neuroprotettiva.
Tra le varie molecole studiate come agenti neuroprotettori, il coenzima Q10 e la citicolina risultano essere quelle maggiormente eleggibili per un trattamento neuroprotettivo proprio perché ritenute quelle con la maggiore evidenza scientifica.
“Con la terapia neuroprotettiva – spiega Sacchi che proprio su questi temi ha svolto un intervento al Congresso internazionale dell’Associazione Italiana per lo Studio del Glaucoma svoltosi nei giorni scorsi a Roma – cerchiamo di agire su due fronti. Prima di tutto quello strutturale della cellula retinica attraverso la somministrazione di citicolina, una molecola che il nostro organismo produce da solo, ma che in una patologia neurodegenerativa può risultare carente. L’altro fronte di intervento è quello più energetico perché nel glaucoma il metabolismo mitocondriale è deficitario: le cellule ganglionari della retina, che sono quelle che degenerano nel glaucoma, consumano tantissima energia e quindi il mitocondrio, che è un po’ la centrale energetica delle nostre cellule, è in difficoltà. Il Coenzima Q10 è la molecola che possiamo aggiungere come terapia adiuvante al paziente per cercare di aiutare il metabolismo energetico mitocondriale che nel glaucoma è deficitario”. In pratica, Coenzima Q10 e Citicolina lavorano su strade diverse ma convergono verso un unico obiettivo che è la neuroprotezione.
Oltre ad effettuare visite oculistiche con regolarità per chi ha una familiarità di glaucoma e per chi ha superato i 50 anni in modo da consentire una diagnosi precoce attraverso la misurazione della pressione intraoculare, parte integrante della strategia terapeutica multifattoriale è anche lo stile di vita: “È fondamentale – spiega Sacchi – contrastare lo stress ossidativo riducendo tutti i fattori di rischio cardiovascolare come il fumo di sigaretta, la pressione arteriosa e il colesterolo. Inoltre, anche chi soffre di glaucoma deve svolgere un’attività fisica moderata perché si è visto che migliora la circolazione di sangue anche a livello del nervo ottico”.